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Reportage di Francesca Reffo

SRI LANKA

Reportage di Francesca Reffo

 

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Sono da poco passate le 9 di sera, zaino in spalla e valigia al seguito, mi accingo a rientrare a casa, accolta dalla mia famiglia. Le etichette ancora incollate sui bagagli suggeriscono che avevo trascorso le precedenti settimane in una terra lontana e misteriosa e accrescevano la curiosità dei miei cari. Incalzata dalle tante domande stavo rischiando di dimenticare qualcosa di importante e che avevo custodito con molta cura nelle ultime ore, così apro la valigia per recuperare una talea d’ananas regalatami dalla guida locale al Giardino delle Spezie… Per un attimo rimango colpita da un mix di odori che fuoriesce da quella che non è una semplice valigia ma un bagaglio carico di emozioni, sensazioni, colori e odori provati sulla mia pelle e vissuti fino in fondo. Un intenso odore di curry invade la mia stanza, contrastato dalle delicate note dell’essenza di jasmine e così la mente rievoca i ricordi di quella terra lontana, quell’isola incontaminata e sconosciuta al turismo di massa, lo Sri Lanka. Due settimane sono troppo poche per conoscere una cultura e un Paese ma sono state sufficienti per mostrare a me e al gruppo di ragazzi con i quali son partita, un angolo di mondo molto diverso dal nostro.

Al nostro arrivo siamo stati accolti da una popolazione solare e sincera che, nonostante viva spesso nella miseria, non nega mai un sorriso. I volti delle persone sono belli, espressivi e genuini. Noi non siamo altro che turisti curiosi ma basta incrociare, anche solo per un attimo, lo sguardo di un bambino per capire che quegl’occhi sono pieni d’altro e il colore della nostra pelle svanisce. I piccoli hanno poco, forse qualcuno non sa neanche cosa sia un giocattolo, ma hanno tanto dentro, regalano sempre dolci sorrisi che rimangono nel cuore e fanno sciogliere anche gli animi più duri. Coloratissimi sono i luoghi di culto, numerosi i templi che ci hanno mostrato le usanze e i costumi religiosi. In questa terra sembra che il culto scandisca il tempo perché in certi momenti della giornata lunghe file di pellegrini si recano nei templi per portare doni e venerare con la loro preghiera il Buddha, come nel famoso “Tempio del dente” il “Dalada Maligawa”. L’indomani mattina, tutti carichi ed eccitati abbiamo affrontato l’attesissimo rafting tra le rapide del fiume Kelani che ha permesso di immergerci nella natura più selvaggia e di osservare la foresta lussureggiante che faceva da sfondo tra grida e risate… È stata un’esperienza adrenalinica al di sopra dell aaspettative che ci ha fatto apprezzare ancor di più il delizioso pranzettino in un posto caratteristico situato ai bordi del fiume famoso per essere stato il set del film “ Il ponte sul fiume Kway”.

Non ci siamo fatti mancare la visita di Nuwara Eliya, nel cuore delle colline dello Sri Lanka, sede del famoso Ceylon Tea, dove si trova un’ antica fabbrica di tè. Appena entrati, l’olfatto è stato subito messo alla prova e avvolto dall’inconfondibile odore delle foglie di tè essiccato. Abbiamo assistito curiosi a tutti i processi di lavorazione che vengono fatti per giungere al tè che beviamo nelle giornate autunnali per scaldarci. Ve ne sono dei più disparati tipi a seconda dei diversi palati e ci affidiamo ad una degustazione per assaporarne tutte le proprietà.

Non c’è tempo da perdere che subito ripartiamo, questa volta a bordo di un treno blu; attraversiamo numerose distese, coltivazioni di gomma e di tè ed ecco che arriviamo a Kandy, una ridente cittadina dove facciamo sosta per una passeggiata e per fare alcuni acquisti al mercatino locale. L’indomani al Giardino delle Spezie abbiamo potuto conoscere alcune piante esotiche di cui solitamente se ne conosce il frutto ma non la pianta, come quella del cacao, del pepe nero, del caffè, della vaniglia…

Ci rimettiamo di nuovo in pista, questa volta a bordo di jeep 4×4 decapottabili diretti per un safari nel Minneriya National Park. Strada sterrata e silenzio, ci troviamo così in mezzo alla terra brulla e spoglia, dove ci appaiono davanti imponenti elefanti che noncuranti della nostra presenza continuano in branco a battere e staccare l’erba con le zampe, poi raccoglierla con la proboscide per mangiarla. La guida ci dice che quelli che stiamo osservando sono un branco di matrone, elefanti femmine che rimangono riunite prendendosi cura di quel piccolo “ Dumbo” che è intento a correre da una parte all’altra. E’ molto entusiasmante osservare da vicino e soprattutto nel loro habitat naturale questi intelligenti mammiferi dalla memoria di ferro. Per niente si usa il detto “Hai una memoria di elefante!”. Come da veri reporter ci abbandoniamo a numerosi scatti fotografici per catturare almeno solo in parte cosa gli occhi vedono. L’indomani non potevamo non fare tappa a Sigiriya, uno dei sette siti Patrimonio Mondiale UNESCO. Abbiamo effettuato una scalata alla fortezza di roccia costruita nel I° sec. A.C. Alcuni del gruppo arrivati in cima non hanno esitato a strizzarsi la maglietta a causa dell’estenuante salita ma la vista dalla vetta meritava tutta la fatica fatta con un panorama da mozzare il fiato. Da lassù ho potuto vedere un camaleonte rivolto verso il tempio buddista che si ergeva sotto di lui tra la vegetazione rigogliosa.

Altro momento particolare è stata la visita al sito archeologico di Ritigala e l’escursione sempre a bordo delle jeep 4×4 per visitare un orfanotrofio che si prende cura dei cuccioli di elefante orfani che si perdono nella giungla. Abbiamo potuto vedere sette piccoli “Dumbo” correre verso di noi intenti a darci il benvenuto. Questi pachidermi vengono cresciuti dall’uomo fino a quando non diventano autosufficienti e poi rimessi in libertà.

Ripartiamo… motori rombanti, attraversiamo villaggi fatti di poche sparute capanne e sorrisi che conserverò negli occhi e nel cuore solo per me. Odori di libertà, di semplicità e felicità, odori di onestà e voglia di vivere; ogni volta che mi lascio alle spalle un villaggio è come se lasciassi una parte di me e prendessi un piccolo pezzetto di loro, della loro vita e della loro quotidianità. Ed ecco che arriviamo in un antico villaggio rurale, mi stupisco perché veniamo accolti ai piedi di un gigante albero da un gruppo di soli uomini e ragazzi. Lì incontriamo il Maestro Sumedha, uno dei pochi che insegna ancora un’antica forma di arte marziale conosciuta localmente come “Angam”. Rimaniamo affascinati da come questa tecnica sia mescolata alla preghiera: prima che si inizi i ragazzi chinati si abbandonano ad una preghiera davanti l’albero di Siddharta e poi con una melodia fatta di toni nasali iniziano i loro esercizi. Rimaniamo loro ospiti anche per il pranzo nella loro capanna dove ci fanno gustare rigorosamente senza posate e su piatti di foglie essiccate di fiori di loto e banani, assaggini direi un po’ troppo speziati. Ad alcuni di noi basta confondere una salsa rossa come pomodoro che si ritrovano la bocca e il tratto della gola infuocati di quella che era una salsa al peperoncino pestato per soli palati del posto. Ringraziata la comunità, è tempo di rimettersi in carreggiata nelle jeep anche perché il cielo sopra di noi non lasciava presagire nulla di buono. Maciniamo chilometri, ci lasciamo alle spalle numerosi villaggi, all’improvviso enormi goccioloni di pioggia danno il via ad un forte temporale torrenziale. Il solo rumore della pioggia che si infrange contro il parabrezza e la strada sterrata si riempie di evidenti pozzanghere sulle quali le nostre jeep si divertono a guadare. La sera ci siamo presi un attimo di pausa relax con un bel massaggio ayurverdico che ci ha coccolati e ci ha ridonato tutte le energie per affrontare l’ultima parte del viaggio in un’ulteriore meta. All’arrivo a Trincomalee, cittadina affacciata sull’Oceano Indiano, noto degli alberi strani; colossi possenti che sembrano darci il benvenuto in questa cittadina ridente. Mi sento impotente dinanzi a tanta maestosità, è come se qualcuno li avesse girati a testa in giù e li avesse fatti crescere con le radici in aria; potrei giurare di aver visto qualche ramo inchinarsi al nostro passaggio. Il tempo di visitare un tempio abbarbicato sopra una roccia che da sul mare, fare amicizia con una scimmietta intenta a rubarmi il cappello e ci ritroviamo poi in spiaggia nell’ultimo hotel in cui alloggiavamo. Sabbia bianca, acqua quasi trasparente e subito ci abbandoniamo in mare per un meritato bagno. Il giorno seguente partenza di buon mattino per un’escursione volta all’avvistamento delle balene. Purtroppo dei grossi mammiferi nessuna traccia, scrutiamo l’Oceano ma niente. Poi notiamo qualcosa… i delfini!!! Inizio a contarli, uno, due, tre, quattro, cinque, quasi perdo il conto. Grigi, lucidi, splendenti escono dall’acqua con una grazia da far invidia alle ballerine classiche. Li seguiamo silenziosamente, li accompagniamo lungo il loro cammino. Poterli vedere così vicino è davvero emozionante, quasi mi tufferei nell’acqua e andrei a nuotar con loro, ma nuotano veloci, si divertono facendo numeri sull’acqua e dopo un po’ li perdiamo di vista. L’indomani, a bordo di un battello raggiungiamo Pigeon Island: un’isola nell’Oceano Indiano di proporzioni magiche con spiagge di sabbia bianchissima mista a coralli. E’ considerata una Riserva Naturale perché ospita numerose specie di uccelli e altri animali selvatici come iguane, rapaci… Occhiali, pinne e boccaglio e ci ritroviamo a nuotare nella barriera corallina, avvistiamo numerosi pesci colorati di tutti i tipi e anche 3 squali che in un primo momento ci fanno attraversare un brivido di paura per tutto il corpo, ma fiduciosi delle sacre parole della nostra guida Nissanka “Tranquilli, non attaccano l’uomo”, ci rassereniamo e continuiamo a nuotare con loro. Alcuni pesci si muovono in schiera anonima tutti compatti quasi a formare un altro pesce gigante, altri corrono assieme per sfuggire dal predatore che li insegue. E’ davvero una grossa fortuna poter vedere questo mondo subacqueo colorato. La magia della natura mi sorprende sempre e anche questa volta mi ha regalato un altro momento indimenticabile.

La cosa più preziosa che gli uomini possiedono è il tempo perché quello che trascorriamo ogni giorno è un attimo unico e irripetibile… Quello trascorso nello Sri Lanka, rimane nei ricordi più belli per tutte le attività entusiasmanti fatte, luoghi visitati ed emozioni che ho provato che mi hanno toccato nel cuore…

Il sorriso è contagioso e quello di un bambino è come un raggio di sole che scalda l’intero Universo, una medicina che nel nostro tempo scarseggia sempre più.

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